(foto tratta da https://www.venividivici.us/le-fotografie-che-hanno-fatto-la-storia/luz-long-e-jesse-owens/)
Ho da sempre creduto nella forza della parola, dei gesti e delle immagini. E credo che lo sport sia una fucina di storie incredibili che hanno il potere di scuotere le coscienze. E tali storie sono spesso episodi magari meno noti dell'impresa sportiva in sè ma proprio per questo degni di essere raccontati.
Stiamo vivendo mesi di cannonate, di palazzi sventrati, di famiglie separate, di fosse comuni, di profughi in fuga. Mesi di guerra che mettono contro popoli prescindendo dai popoli stessi.
Ho cercato di dare una risposta alla mia crescente inquietudine di fronte a questa violenza scrivendo una poesia in dialetto bresciano (e in rime alternate) che raccontasse di una storia bellissima proveniente dal periodo immediatamente precedente al secondo conflitto mondiale. La storia è quella dell'amicizia nata all'Olimpiade di Berlino del 1936 tra due atleti che si contesero fino all'ultimo la medaglia d'oro nel salto in lungo: Jesse Owens, atleta di colore statunitense di umilissimi origini e Carl Ludwig Hermann Long detto "Luz" figlio della benestante borghesia tedesca che il regime nazista avrebbe voluto assurgere come simbolo della presunta superiorità "ariana" sulle altre razze.
E' passato alla storia il consiglio che Luz diede a un Jesse preoccupato, sull'orlo dell'eliminazione dopo due salti nulli. I due si scrissero per anni dopo quell'Olimpiade fino alla morte in Sicilia di Luz, spedito dal regime nazista a cercare di impedire l'avanzata da Sud degli Alleati nel 1943. Luz non conobbe mai suo figlio di cui sapeva dell'imminente arrivo. Ma di lui ebbe modo di scrivere a Jesse in una lettera: "Dopo la guerra, va’ in Germania, ritrova mio figlio e parlagli di suo padre. Parlagli dell’epoca in cui la guerra non ci separava e digli che le cose possono essere diverse fra gli uomini su questa terra. Tuo fratello, Luz".
Anni dopo Jesse Owens cercò davvero il figlio di Luz e partecipò alle sue nozze.
Anche allora qualcuno voleva dividere i popoli: due atleti che non si conoscevano, con il loro comportamento in gara e il loro abbraccio finale sotto gli occhi del Führer, affermarono invece un messaggio di fratellanza arrivato fino a noi e su cui dovremmo riflettere. Anche e soprattutto oggi.
La poesia si intitola "Jesse e Luz".
La trovate qui.
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