"LA LIBRERIA DI ANGELO"
In questa sessione del sito, senza pretese particolari, ho deciso di recensire alcuni dei libri che, strada facendo, ho letto. Se avete letto anche voi alcune di queste opere, recentemente o in tempi più remoti, commentate pure se condividete la recensione o meno! Grazie.
16/11/2024
Ho avuto la possibilità di assistere a Rovato alla presentazione di questo libro edito nel 2021, scritto da Nicola Fiorin, avvocato penalista bresciano e apprezzato autore di gialli. Questa è la settima fatica della saga che ha come protagonista l'avvocato Angelo Della Morte, stavolta coinvolto nella difesa di un noto architetto accusato di omicidio per eccesso di legittima difesa: ha freddato in casa un presunto ladro albanese che avrebbe anche aggredito la moglie.
La ricostruzione non convince la PM titolare dell'accusa che si deve scontrare con le forzature dei superiori orientati, per convenienze personali, all'archiviazione.
Inizia così l'avventura dell'avvocato Angelo Della Morte che, destreggiandosi nella difesa di un caso apparentemente troppo facile, è costretto a un viaggio introspettivo anche nella propria esistenza per la concomitanza della difesa di Pietro, un ragazzo difficile nato nel suo paese d'origine.
La verità su tutte queste vicende sarà ben oltre l'immaginabile.
Acquistato al termine della presentazione dal vivo da parte dell'autore, ho divorato il libro in un paio di giorni. La storia raccontata è avvincente, ampiamente realistica e scritta con uno stile scorrevole e che non annoia mai.
L'opera assolve anche un compito evidente: esprimere come la pensa l'autore sul tema della legittima difesa, argomento che anima il dibattito pubblico da anni e su cui molti hanno costruito, strumentalmente, fortune politiche ed elettorali non indifferenti.
L'ambientazione bresciana, sottolineata da frequenti inflessioni dialettali a cui non posso proprio essere indifferente, dà al testo un di più di interesse. Memorabile il passaggio sulla realizzazione dello spiedo bresciano.
Insomma, ancora una volta Nicola Fiorin ha scritto un libro coinvolgente e che fa riflettere.
Leggetelo.
24/09/2023
Terza lettura feriale dedicata, come la seconda, a un giallo davvero coinvolgente. La vicenda è ambientata nella campagna toscana ove una bambina di nome Eva vive senza genitori con una governante e una sorta di baby-sitter finlandese, Maya. La bambina non vive in tranquillità, è tormentata da presunti problemi psicologici, come sembrerebbe confermato dalla presenza di un amico immaginario con il quale si rapporta quotidianamente.
Per aiutarla, Maya si rivolge al protagonista, Pietro Gerber, uno psichiatra infantile sull'orlo del fallimento con una reputazione professionale rovinata e dalla vita familiare a pezzi. Con estrema riluttanza Pietro accetta il caso e comincia a frequentare la casa della piccola Eva. E ne rimane allibito. L'amico immaginario di Eva, per bocca della bambina, sembra conoscere il passato dello psichiatra, compresi due fatti tragici: la morte di Pietro da ragazzino seguita da un'inspiegabile ulteriore fatto.
Come è possibile tutto ciò? Il libro descrive il turbamento vissuto da Pietro durante e dopo le sedute con la piccola Eva, il suo tentativo di capire la bambina ma, in fondo, anche di provare a capire se stesso.
Davvero incredibile la soluzione del caso.
La lettura del libro scorre via rapidissima, in un turbinìo di ipotesi che sembrano essere smentite solo dopo poche pagine per poi tornare d'attualità. Donato Carrisi è un maestro dell'intreccio di vicende e pennella un romanzo come la tela di un pittore con sapiente capacità di descrivere le ambientazioni: sembra proprio di vedere i vicoli di Firenze e i colori della campagna e delle colline toscane descritti nella vicenda.
E' un libro che consiglio vivamente.
Angelo Bergomi (domenica, 24 settembre 2023 18:47)
Grazie per il commento Ornella! Ha fornito delle buone indicazioni per ampliare la lettura con altri testi.
Ornella (domenica, 24 settembre 2023 18:23)
Buonasera Angelo, adoro Carrisi ma la trilogia di Gerber non é tra le mie preferite.
Quella di mMarcus e Sandra o i 4 del ciclo Mila Vasquez, a mio modesto parere, decisamente più coinvolgenti,.
30/08/2023
Seconda lettura feriale dedicata a un giallo davvero ben scritto. La vicenda è ambientata ad Aurora, una tranquilla cittadina del New Hampshire, scossa nell'Agosto del 1975 dalla scomparsa di Nola Kellergan, brillante quindicenne del posto. 33 anni dopo uno scrittore divenuto famoso per il proprio primo romanzo, Marcus Goldman, afflitto da un blocco creativo, per cercare di ritrovare l'ispirazione decide di recarsi da Harry Quebert, un suo vecchio professore universitario e scrittore di successo. Accade l'incredibile: il corpo di Nola viene ritrovato sepolto nel giardino del professore che viene pertanto accusato di omicidio.
Marcus inizia una corsa contro il tempo avviando indagini personali per provare a salvare il proprio maestro ma, in fin dei conti, per salvare se stesso, quello che è stato e quello che vorrebbe provare ad essere.
Il pregiudizio dell'opinione pubblica e il perbenismo di facciata della tranquilla cittadina hanno già emesso la loro sentenza. Ma la verità, soprattutto se raggiunta con fatica, può squarciare qualunque ipocrisia.
Tra colpi di scena e presunte certezze che si sciolgono come neve al sole nell'arco di poche pagine non vedrete l'ora di capire l'epilogo della vicenda.
Nel mio caso devo dire di aver ipotizzato una soluzione non troppo distante dalla verità verso metà libro.
E' un'opera appassionante, capace di coinvolgere il lettore fin dall'inizio e pluripremiata: nel 2012 ha ricevuto i premi Goncourt des lycéens e Grand Prix du roman de l'Académie française.
Se anche non foste appassionati di gialli ve lo consiglio, è un libro davvero notevole.
Alberto.cicolari@gmail.com (lunedì, 11 settembre 2023 20:49)
Non so se è qui dove devo lasciare il commento. Ci provo .chiedo scusa se non sarà perfetto perché scritto di getto.
Libro stupendo.
Giallo pieno di adrenalina con continui cambi di sceneggiatura.
Lo scrittore si diverte a prendere in giro il lettore.
Molto belli i frequenti cambi di scena x cui una azione viene vista da diversi interpreti e angolazioni.
Un libro d'amore in cui non ci si può non innamorare di luther caleb.
Complimenti angelo, resto in attesa di altri suggerimenti.
Al volo ti suggerisco un libro che ho letto 2 anni fa . La chiamavano 2 cuori . Un libro ecologista
Irma Sartorio (giovedì, 31 agosto 2023 23:47)
Anche per me è stata una lettura avvincente....
Tant'è che ho letto anche gli altri romanzi dell'autore.
Scrittura fluida e storie ben sviluppate
15/08/2023
Ad un certo punto della sua vita la scrittrice e sceneggiatrice francese Anne Berest decide di ricostruire la storia della sua famiglia, i Rabinovitch, ebrei russi emigrati a Parigi dopo una prima persecuzione che li ha obbligati a una fuga di oltre mille chilometri.
La decisione arriva solo dopo il recapito a sua madre nel 2003 di una cartolina anonima raffigurante sul fronte una foto dell’Opéra Garnier di Parigi e sul retro quattro nomi scritti a mano con una strana grafia: Ephraïm, Emma, Noémie e Jacques. I primi due nonni, i secondi due zii di sua madre, cittadini francesi al momento dell'invasione nazista della Francia.
Il libro descrive l'intera indagine condotta dalla scrittrice per riuscire a capire se quella cartolina fosse uno scherzo di cattivo gusto o, piuttosto, un messaggio proveniente da un passato di cui una parte della sua famiglia non voleva più sentir parlare. Davvero incredibile il finale che ovviamente non svelo.
Quest'opera, a metà tra un resoconto storico e un romanzo lascia con il fiato sospeso. E soprattutto fa pensare. Sì, fa pensare mettendoci di fronte a numerosi "perchè". Perchè nella civile Europa della prima metà del '900 sono potute accadere le persecuzioni, le leggi razziali, le deportazioni di massa e i forni crematori? Queste domande solcano l'intera indagine condotta dall'autrice con la madre, Lelia, sulla base di testimonianze e documenti raccolti da quest'ultima negli anni: tale materiale e una serie di deduzioni hanno consentito di ricostruire la storia di tre generazioni di questa famiglia.
Viene affrontato il tema della difficoltà dell'accettazione dell'Olocausto da parte degli ebrei di terza generazione, abituati molto spesso al silenzio familiare sul tema e il ritorno di rigurgiti di antisemitismo nella Francia contemporanea.
Questo è un libro che consegna al lettore molteplici chiavi di lettura.
Vi confesso la mia: la storia di questa famiglia ci dice che la ricerca delle ragioni del passato può davvero aiutare a metabolizzare il presente e a trovare consapevolezze necessarie per affrontare il futuro.
Leggetelo, ne vale la pena.
Angelo Bergomi (giovedì, 31 agosto 2023 07:28)
Grazie Irma. Mi fa piacere che la mia piccola recensione ti abbia spinto a leggere il libro. Nel mio piccolo è uno degli obiettivi di questa rubrica.
Irma Sartorio (sabato, 26 agosto 2023 22:22)
Grazie Angelo per il consiglio....
L'ho divorato
Bellissime pagine, davvero !
Non immaginavo si potessero avere problemi anche al giorno d'oggi a "confessare" la propria appartenenza ad un popolo tanto perseguitato...
Sembrano avvenimenti tanto lontani, ma, se ci pensiamo, purtroppo troppo vicini....
22/10/2020
Qualche settimana fa ho terminato questo libro regalatomi da mia moglie che ha colto nel segno, conoscendo la mia passione per gli idiomi locali.
Francesco Guccini ha realizzato un vero e proprio esperimento letterario: ha scritto un romanzo che fonde la lingua italiana e il dialetto tosco-emiliano.
Guccini torna al suo paese d'origine, Pavana, in quella zona di Appennino in cui Toscana ed Emilia Romagna si confondono. E lo fa in un'ora della giornata in cui la luce del giorno comincia a diventare più debole: non è più giorno ma neppure è arrivata la notte. Tralummescuro, appunto!
In questo contesto l'autore descrive un mondo che non esiste più ma che, pagina dopo pagina, torna a rivivere nel ricordo di antichi mestieri, di usanze, perfino di colori ed odori. Sembra proprio di vederle le mani dei contadini che raccolgono le castagne nei boschi appenninici oggi abbandonati o di sentire i passi dei ragazzini festanti lungo i sentieri che conducevano al fiume dove, di lì a poco, avrebbero fatto il bagno.
Tralummescuro è una ballata alla Guccini cantante, messa su carta. Malinconica, crepuscolare ma non pessimista. Anzi! L'uso del dialetto, comprensibilissimo anche grazie a un nutrito glossario, realizza concretamente l'obiettivo di marcare l'appartenenza a una terra e a un tempo che tanto hanno ancora da insegnare a tutti noi.
Bellissimo libro. Guccini è un maestro anche come scrittore.
08/09/2020
E' stata una delle mie letture vacanziere di quest'anno. Devo premettere subito che il libro ha completamente rispettato le aspettative che avevo, fin dalle primissime pagine. E' una sorta di viaggio introspettivo di Don Luigi: in esso spiccano argomenti ed esperienze affrontati da Don Luigi nel corso del proprio impegno pastorale, ma non solo. Ad esempio sono dolcissimi i racconti della sua famiglia, migrante per il lavoro del padre.
Dal libro scaturiscono la fatica e le preoccupazioni di decenni di impegno a fianco degli ultimi: dai 55 anni di esistenza del Gruppo Abele ai 25 di impegno antimafia di Libera. Si passa dal racconto della creazione delle prime comunità protette a quello delle morti di alcuni ospiti accompagnati al camposanto in perfetta solitudine.
Non solo: accanto all'impegno pastorale traspare la forza dell'impegno civile di Don Luigi. Leggendo questo libro vi sembrerà di vederlo con il Vangelo in una mano e nell'altra la Costituzione Italiana.
Numerosi sono i personaggi che Don luigi descrive nel libro e di cui racconta il suo rapporto con loro.
Tra di essi evidenzio i capitoli che riguardano:
Ma molti altri sono i passaggi incredibili raccontati in questo libro. Come quello della decisione, dopo gli attentati ai giudici Falcone e Borsellino di celebrare il primo giorno di Primavera la Giornata della Memoria delle vittime innocenti di mafia. La decisione nacque da una domanda di una donna semplice, Carmela, madre di Antonino Montinaro morto nella strage di Capaci. Era il caposcorta di Giovanni Falcone. Ebbene, Carmela in un evento pubblico prese Don Luigi per un braccio, quasi strattonandolo e gli chiese: "Perchè il nome di mio figlio non lo dicono mai?". E lì Don Luigi capì che il primo diritto di un uomo è quello di essere chiamato per nome, e istituì la giornata del ricordo delle vittime innocenti di mafia in cui ogni anno viene letto l'elenco dei nomi di tutti loro.
Se ne avete l'opportunità leggete questo libro. Ne uscirete arricchiti, umanamente innanzitutto.
Quanto sarebbe bello poter ospitare un incontro con Don Luigi anche dalle nostre parti!
12/02/2020
Nei giorni delle commemorazioni dell'Olocausto ho deciso di leggere un libro del 2014 scritto dal compianto Oliviero Beha.
Si intitola "Un cuore in fuga".
Il cuore è quello del grandissimo ciclista Gino Bartali. La fuga non è tanto il suo marchio di fabbrica in gara, quanto il suo aver fatto migliaia di chilometri in bicicletta con documenti falsi nascosti nella canna sotto il sellino, necessari per la salvezza di centinaia di famiglie ebree ricercate e perseguitate durante la seconda guerra mondiale.
Il libro di Beha non è semplicemente una ricerca storica sulle azioni coraggiose di Gino Bartali in quel contesto.
Il libro fa letteralmente rivivere gli stati d'animo e le preoccupazioni che il "Ginettaccio" (come lo chiamavano gli amici fiorentini) dovette affrontare per aiutare quella rete clandestina diretta dal rabbino di Firenze Nathan Cassuto e dall'arcivescovo di Firenze cardinale Elia Angelo Dalla Costa.
Dalle parole di Beha sembra davvero di vedere il sequestro di Bartali a Villa Triste ad opera dei fascisti assassini della banda "Carità" affinchè spiegasse i motivi dei ringraziamenti inviatigli dal Vaticano in una lettera intercettata.
Come anche pare di assistere ai dialoghi di Gino al cimitero del paese con la tomba dell'amato fratello scomparso prematuramente.
Tutto il libro è pervaso dall'affermazione dell'assoluta riservatezza che Gino Bartali tenne nel corso della propria vita su questa attività che lo vide impegnato durante la seconda guerra mondiale, a pericolo della propria vita. Solo in alcuni frangenti riferì qualcosa ai famigliari, in particolare al figlio.
Si scoprì la grandezza umana di Gino Bartali solo anni dopo la sua morte, a tal punto che il suo nome compare nell'elenco dei "Giusti tra le nazioni".
Il libro ci ricorda, a più riprese, la filosofia a cui Gino Bartali rimase fedele per tutta la sua vita così ben sintetizzata da una frase che ebbe a dire:
"Il bene si fa, ma non si dice. E certe medaglie si appendono all'anima, non alla giacca."
"Un cuore in fuga" è davvero un bel libro. Lo consiglio.
Per chi voglia davvero imparare a conoscere Brescia e i Bresciani questo libro di Costanzo Gatta non può mancare nella libreria.
Non ricordo più quale sia stato il percorso che lo abbia accompagnato nella mia, ma non importa: l'ho letto non molto tempo fa in pochi giorni.
Costanza Gatta, con la sua proverbiale sagacia e ironia, parla di oltre 400 aneddoti che hanno riguardato personaggi bresciani o "forestieri" che hanno avuto a che fare con Brescia nel corso della storia.
Sono uno più curioso dell'altro.
Dallo spiedo fatto gustare a Re Umberto in Valtrompia durante una visita dell'Agosto 1890 organizzata da Giuseppe Zanardelli con la memorabile frase di quest'ultimo rivolta al regnante: "Maestà, i osèi sè i maja cò le mà".
Ai numerosi aneddoti riguardanti Padre Ottorino Marcolini partendo da una sua battuta, vera sintesi dell'impegno pastorale e non solo di questo prelato che Brescia non ringrazierà mai abbastanza. Al Cardinale Alfredo Ottaviani che gli fece notare che non era bene andare in udienza dal Papa con le scarpe infangate padre Marcolini replicò sorridente: "Eminenza, ho detto messa con queste scarpe, e se mi ha ricevuto il Capo, mi può ben ricevere anche il suo rappresentante in terra".
La storia bresciana raccontata da Costanzo Gatta in questo modo mai banale e ironico ci accompagna per tutto il volume con un grande pregio: raccontarci personaggi ed episodi che ci fanno conoscere la nostra Brescia nel suo intimo grazie ad aneddoti difficilmente presenti sui testi ufficiali di storia.
Un grande plauso all'opera di Costanzo Gatta che spero davvero di avere occasione di conoscere di persona nel prossimo futuro. Mi piacerebbe stringerli la mano e, da bresciano, dirgli semplicemente "Grazie!"
02 Settembre 2019
(Immagine tratta dalla piattaforma https://bookabook.it)
Arricchisco la mia rubrica di una novità. La recensione di un libro ...... non ancora pubblicato.
Ho avuto infatti il privilegio di poter leggere in anteprima un'opera letteraria scritta da una giovane autrice bresciana, Francesca Leali.
Il libro ha acceso la mia curiosità fin dal titolo: "Sapidi stratti strattonati".
In un linguaggio sorprendentemente curato per un'autrice così giovane, il libro descrive l'intrecciarsi delle vite di quattro personaggi: Ge, Mito, Mo, Derno.
Il primo intreccio? I loro nomi. La loro esistenza è un gemito moderno di esperienze senza un apparente filo logico, che si susseguono in un caos in cui la contingenza sembra essere l'unico criterio alla base delle loro scelte di vita.
I loro incontri (e anche i loro scontri) sono il modo con cui riescono a capire che la vita è solo a prima vista fatta di regole, e di convenzioni inscalfibili. In realtà impareranno che la preoccupazione ma anche la bellezza del saper vivere sta proprio nel mescolare le esperienze, nel non angustiarsi troppo, nell'aprirsi all'ignoto lasciando qualche volta il comodo rifugio dell'abitudine.
Ho letto il libro in un paio di pomeriggi durante la mia breve vacanza estiva e devo dire di esserne rimasto piacevolmente sorpreso.
Una chicca? L'incipit per numerosi capitoli è una poesia. Ne ho lette di bellissime. L'autrice ha davvero del talento.
Libro da leggere assolutamente!
Nota a margine: il libro non è ancora stato pubblicato ma lo sarà se raggiungerà un minimo numero di copie pre-ordinate (volume o e-book). E' possibile ordinarne una o più sulla piattaforma di crowfounding bookabook. Qui trovate tutte le informazioni su come fare e anche una breve anteprima del libro stesso:
Finalmente ho letto questo libro, regalo di Natale di mio fratello. Lo definirei un giallo con una venatura rock. Fin dalle prime pagine mi ha catturato l'originale ambientazione: la vicenda si svolge in Costarica, nella piovosa primavera 2015. La morte di un parroco di provincia benvoluto dalla sua comunità archiviata molto frettolosamente dalle autorità locali non convince minimamente l'ispettore Castillo, dall'incessante balbuzie ma solo nei giorni piovosi. Aiutato dallo "Slavo", suo giovane collaboratore dalla provenienza misteriosa, tra reciproci quiz sulla storia della musica mondiale i due non si accontentano della verità "ufficiale" sul caso.
Iniziano rabberciati interrogatori sempre sul filo del rasoio del consentito e raccolta di prove che si intersecano con le vicende di una delle figlie dell'ispettore. La collaborazione con un amico poliziotto, una festa universitaria teatro di un episodio violento e l'oscura presenza di un agente italiano legato ai servizi segreti complicheranno un quadro investigativo già di per sè difficile.
Con un colpo di scena finale in cui Castillo verrà messo di fronte a un bivio. Che strada prenderà?
Davvero avvincente questo giallo. Ad ogni pagina pare proprio di respirare i profumi e vedere i colori dei quartieri delle città centroamericane descritte. In un veloce crescendo, la descrizione delle indagini del protagonista acquisisce il carattere dell'impetuosità: un pò come l'acqua dei grandi fiumi sudamericani che scorrono tortuosi per chilometri e chilometri senza far capire ai navigatori dove sia realmente la foce. Ma prima o poi l'Oceano arriva.
Il libro di esordio di una pentalogia che vede protagonista un giovane avvocato penalista, Angelo Della Morte, è davvero avvincente. Anche per chi non fosse appassionato di gialli.
Il giovane e squattrinato Angelo, avvocato agli esordi ma già segnato da una disillusione sia professionale che di vita in generale, si ritrova suo malgrado a dover difendere un pensionato dalla pesantissima accusa di omicidio della propria moglie. Il caso è semi-disperato: l'accusato, mite nell'animo e rassegnato alla propria sorte processuale, ha confessato l'omicidio.
La strategia processuale, i rapporti difficili con la stampa (e con l'accusa) si intrecciano con la vita privata di Angelo, a suo modo ancor più difficile del caso giudiziario.
Sullo sfondo una Brescia dai tratti ambivalenti: a volte "gotica"e quasi malinconica, spesso invece ravvivata dalla dinamicità dei suoi abitanti, soprattutto di quelli non autoctoni.
Fino al colpo di scena finale.
I richiami a gruppi musicali mitici della storia della musica, il valore dell'amicizia come antidoto alle difficoltà quotidiane e la descrizione avvincente dell'evoluzione del caso giudiziario fanno di questo giallo un vero caso letterario. Una volta letto non è possibile rinunciare agli episodi successivi della serie.
Infine, per un appassionato come me del nostro vernacolo, l'ambientazione "nostrana" realizzata a suon di chicche dialettali di cui i dialoghi sono disseminati è un vero e proprio invito a nozze.
A presto, dunque, per la recensione del secondo libro del bravissimo Nicola Fiorin: "Il migliore dei mondi possibili".
Lessi questo libro anni fa, durante un breve viaggio a Parigi. Ricordo di averlo divorato. Enzo Biagi scriveva di sè:
“Sono un vecchio cronista e ho passato gli ottanta. So che non mi attendono molte primavere. Ho vissuto, e raccontato, molte vicende del secolo che è appena passato. Mi sento un po’ come
certi reduci: io c’ero.”
In questo capolavoro Enzo Biagi, con l'amico Loris Mazzetti, ripercorre le principali vicende del '900 riportando articoli da lui scritti nel corso dei decenni. Alcuni veramente impressionanti,
riletti ora a distanza di tanto tempo.
Ordinati in senso cronologico.
Incredibili alcune delle interviste riportate. Come quella del 1974 condotta in carcere a Luciano Liggio, allora campomafia.
O quella del 1993 a Tommaso Buscetta subito dopo l'arresto di Totò Riina.
E ancora il dialogo con Alì Agca, l'attentatore che in Piazza S.Pietro tentò di uccidere Papa Giovanni Paolo II. Enzo Biagi fu il primo che riuscì ad intervistarlo.
Fino ai tempi più recenti: lo sfregio del cosiddetto "editto bulgaro" e l'avvicinarsi della fine.
Riporto un passaggio bellissimo dell'ultima pagina del libro.
Enzo Biagi scrive: "Fra poco sarà il 25 aprile. Una data che è parte essenziale della nostra storia: è anche per questo che oggi possiamo sentirci liberi. Una certa Resistenza non è mai finita. C'è sempre da resistere a qualcosa, a certi poteri, a certe promesse, a certi servilismi. Il revisionismo a volte mi offende: in quei giorni ci sono state anche pagine poco onorevoli; e molti di noi, delle Brigate partigiane, erano raccogliticci. Ma nella Resistenza c'è il riconoscimento di una grande dignità. Cosa sarebbe l'Italia agli occhi del mondo?"
Ecco: Enzo Biagi sta tutto in questo passaggio.
Leggetelo. Un libro capolavoro.
Era davvero da tanto che non rileggevo Guareschi e ho cercato in biblioteca questa vecchia pubblicazione, una terza edizione del 1986. Si intitola "L'anno di Don Camillo".
Consiste in una raccolta di 40 racconti, scritti da Giovanni Guareschi nel corso dei decenni e pubblicati su diverse riviste racchiusi in questo libro che li suddivide per stagione, in maniera da coprire un anno solare.
Magistrale la capacità di Guareschi di descrivere le atmosfere di un'Italia appena uscita dalle tragedie del secondo conflitto mondiale. Pare di vederli davvero i paesaggi emiliani solcati da una nebbia che copre la pianura gonfia di acqua, del fiume Po con i suoi argini maestosi, del sudore dei contadini che quotidianamente si spaccavano la schiena per dare da mangiare alle proprie famiglie. In mezzo a questi scenari la lotta politica, le divisioni tra le relative fazioni, l'anticlericalimso degli uni e la condanna del comunismo degli altri.
Divisioni che non valicavano, però, il rispetto vero dell'altro. Dietro lo scontro duro di facciata la mano protesa di Don Camillo a Peppone e viceversa nei momenti di reciproca difficoltà: come nel racconto finale dove Don Camillo aiuta Peppone a ritornare con dignità in paese dopo essersene allontanato per i problemi economici derivanti dalla sua attività di meccanico, riprendendo anche il suo ruolo di sindaco.
Il comune denominatore di tutti i racconti è la solidarietà a chi ha meno. Magistrale il racconto "il comodino" in cui Guareschi racconta di una ricca possidente morta apparentemente senza testamento. La signora era una benefattrice dell'asilo comunale, ente morale in cui erano di diritto amministratori il sindaco e il parroco pro-tempore. I due, alla notizia della morte della benefattrice, si recarono alla casa della stessa dovendo assistere ai litigi degli eredi che riuscirono a spartirsi le proprietà immobiliari e anche il mobilio salvo quando arrivarono a un comò che non riuscivano a decidersi a chi dovesse toccare. L'ingordigia reciproca portò alla decisione di tagliare il comò esattamente in due. Da questo "taglio" emerse dal sottofondo di un cassetto il testamento della defunta che assegnava le proprietà immobiliari alla signora e al ragazzo che la assistettero nella sua vecchiaia (passata senza mai ricevere visite dai parenti) e una parte dei soldi all'asilo di cui era stata benefattrice: nel testamento scrisse che non sopportava caratterialmente nè il sindaco nè il parroco ma che loro erano le uniche due persone di cui si fidava per una gestione oculata dei suoi soldi al fine di fare del bene nell'asilo.
Ecco: questo racconto esprime davvero il senso di tutto la raccolta.
Un libro la cui lettura scorre via velocemente come le acque del fiume PO che fa da sfondo a tutti i racconti.
Lo consiglio vivamente anche a chi si vuole approcciare alla lettura di Guareschi per la prima volta.
P.S. Una curiosità "cinematografica": il racconto che descrive una storica partita a scopa sul davanzale della finestra di un bar tra Peppone e Don Camillo è stata fedelmente ripreso nel film "Don Camillo" del 1983 con Terence Hill nelle vesti
dell'istrionico prelato e di Colin Blakely in quelli dell'irruento sindaco.
Questo libro di Pierpaolo Pasolini, regalatomi da mia cognata a Natale, per qualche mese è rimasto sul mio comodino. Ho finalmente deciso di intraprenderne la lettura e in pochi giorni me lo sono letteralmente divorato.
"Ragazzi di vita", pubblicato per la prima volta nel 1955, descrive la vita di alcuni ragazzi romani nel corso di alcuni anni nell'immediato dopoguerra.
Attraverso la narrazione delle loro disavventure (e miserie) familiari Pasolini tratteggia la situazione delle borgate romane: l'arte dell'arrangiarsi da un lato e il degrado sociale in cui la seconda guerra mondiale aveva fatto sprofondare l'Italia e la sua capitale.
Tra furti, ubriacature nelle osterie, bagni improvvisati nel Tevere, arresti ecc il "Riccetto", il "Lenzetta" e gli altri trascorrono la propria giovinezza cercando di combattere la noia quotidiana avente la miseria come comune denominatore.
Il fascino di questo libro sta, secondo il mio modesto parere, nella scelta di Pasolini di scriverlo in "romanesco", assolutamente comprensibile anche attraverso l'ausilio di un glossario per le espressioni più utilizzate. La scelta lessicale catapulta letteralmente il lettore nella realtà della Capitale. In alcuni passaggi pare proprio di essere presenti sulla "scena" descritta come parte integrante del dialogo tra i protagonisti.
Questa è una di quelle opere che consacrano davvero Pasolini come cultore degli idiomi locali, i cosiddetti dialetti. Per quello bresciano ho sempre avuto una passione tanto da provare a scrivere anche qualcosa. Anche per questo, forse, ho trovato molto bello questo libro. Lo consiglio.