23 Maggio 1992. Avevo 14 anni. Ricordo bene quel pomeriggio. Era un sabato afoso. Stavo seguendo alla radio i commenti ai risultati delle partite del pomeriggio, mentre lavavo la macchina di mio papà. Il Brescia, che stava rincorrendo una difficile salvezza, era andato a vincere all'Olimpico contro la Lazio. Ricordo molto nitidamente la sospensione della trasmissione non molto dopo le 18. Un cronista annunciava la notizia di un gravissimo attentato nei pressi di Capaci, in Sicilia. Una bomba aveva fatto saltare in aria un convoglio di vetture, in una delle quali c'erano il giudice Giovanni Falcone e sua moglie Francesca Morvillo. La radio riferiva di morti nella scorta e delle gravissime condizioni del giudice Falcone. Ricordo di aver spento la radio, chiuso la canna dell'acqua e di essermi precipitato in casa da mia mamma a riferire la notizia. Ero solo uno studente di prima liceo, ma mi fu chiaro subito che quel fatto avrebbe cambiato le nostre vite. Come tutte quelle situazioni dove c'è un prima e un dopo. Dove, dopo il loro accadimento, la situazione non può più essere come prima. Ecco, quella strage è stato un accadimento di questa portata.
La cosa che mi ha sempre colpito della vicenda umana e professionale del giudice Falcone non è stato solo l'attentato di Capaci, peraltro non l'unico subito. Fu il clima di sospetto e maldicenza che per anni fu creato attorno al giudice Falcone e alle sue inchieste. Perchè la mafia non solo si permette di annientare il tuo corpo ma tenta di infangare anche la tua anima e la tua reputazione. E questo perchè è fatta principalmente da vigliacchi.
Ma la mafia non ha vinto.
A 28 anni di distanza siamo ancora tutti qui a ricordare chi fu Giovanni Falcone e cosa fece per il nostro Paese.
E insieme a lui sua moglie Francesca Morvillo e i tre agenti della scorta che voglio ricordare perchè, come dice Don Ciotti, il primo diritto di un uomo è essere chiamato per nome: Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro.
No Giovanni, la mafia non ha vinto.
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Giuseppe Fava (sabato, 23 maggio 2020 17:40)
Condivido la riflessione su quella tragica vicenda e concordo anche sul richiamo finale a Don Ciotti che è importante tenere sempre presente.
Grazie
Angelo Bergomi (sabato, 23 maggio 2020 21:23)
Grazie per l'apprezzamento signor Giuseppe. Ricordare è doveroso, mettere in pratica atteggiamenti conseguenti è necessario. Soprattutto per chi ha l'onere/onore di servire le Istituzioni pubbliche a qualsiasi livello.